Roma, 30 mar – Dopo la disfatta azzurra nelle qualificazioni ai mondiali sono state molte le polemiche social e non solo che hanno investito la Nazionale guidata dal Ct Roberto Mancini. Per avere uno sguardo d’insieme sulle ragioni che hanno portato a questa bruciante sconfitta oggi RomaLife parla con Fabio Argentini, giornalista, scrittore (autore tra gli altri insieme a Luigi Panella de Il grande libro del derby di Roma) e responsabile della comunicazione di Asi Nazionale – Associazioni Sportive e Sociali Italiane, ente di promozione sportiva riconosciuto dal CONI tra i più importanti d’Italia.
Quale è la ragione della crisi della Nazionale (se ce ne è una) e se possono essere coinvolti in questo la gestione dei vivai e la presenza di tanti stranieri nel nostro campionato
Il vero problema della Nazionale risiede sia nei settori giovanili sia nelle prime squadre. Forse con esempio si può capire meglio: oggi nelle squadre di club giocano tre, quattro italiani. Sicuramente gli stranieri sono più degli italiani, nelle rose idem. Poi non esportiamo tantissimi calciatori all’estero. Se si fa un calcolo meramente matematico uno può contare su pochissimi giocatori che si formano in squadra italiane ed estere in grado di ambire all’azzurro. Di contro abbiamo magari il Brasile, dove le squadre sono composte per la maggior parte di Brasiliani e in più esporta una miriade di calciatori in tutti i campionati sudamericani, soprattutto, ed europei. Il che vuol dire che i numeri di papabili nazionali sono infinitamente di più rispetto a quelli italiani. Inoltre noi osiamo poco, per tradizione, con i giovani: in altri campionati se un ragazzino di 17 anni è forte fa il suo esordio, questo non avviene in Italia, dove l’età in vari sport si sposta più avanti. Anche nei settori giovani c’è una quantità di giocatori stranieri imbarazzante rispetto alla funzione che dovrebbe avere un settore giovanile, quello di crescere i ragazzi delle scuole calcio delle squadre dei ragazzi, di crescere giovani campioni dei vivai italiani. Questo vuol dire portare alle prime squadre meno giocatori italiani. Bisogna fare i conti con i numeri. Siamo tutti addolorati per il fatto che l’Italia non vada ai mondiali, ma se questa botta dovesse servire a una riforma generale, ti dico saremmo quasi contenti nella tristezza. Ma sapremo aprire gli occhi, sapremo trasformare una grande sconfitta in un’occasione di risalita? Chi governa il calcio adesso una grande responsabilità.
La Rai ha annunciato un “cambio di passo” nel modo in cui seguirà il Mondiale ma a molti utenti non è piaciuta la nuova squadra e le polemiche su inquadrature e ‘cosce’ che hanno colpito Paola Ferrari. Sembra che si segua un modello ‘Dazn’, lei cosa ne pensa?
L’evoluzione della televisione è stata nel tempo continuativa. Noi ricordiamo il telecronista singolo con il suo incedere veloce e dotto, stile radiofonico, poi siamo passati a una tipicità nella telecronaca con poche parole e spazio a ciò che lo spettatore vedeva, poi siamo passati alla seconda voce e quindi agli esperti ed ex calciatori, poi siamo passati agli studi e poi sul campo. Questo è un terreno magmatico e in evoluzione. E’ difficile dire quanto questa sia una scommessa perdente o vincente. Nel tempo abbiamo visto modifiche peggiori, tra il calcio ‘spezzatino, coppe e campionati che si rincorrono, appuntamenti frequenti, adesso anche la Conference League … ma il calcio è anche tradizione, non serviva toccarlo più di tanto. Una cosa che non farei mai è rinunciare a persone competenti in materia, siano essi giornalisti, giornaliste, tecnici ed ex calciatori: quando si trova qualcuno di veramente competente sicuramente non bisogna rinunciarci. Sicuramente la Ferrari rientra tra le persone competenti.
Ilaria Paoletti