Roma, 25 mar – Gianni Bismark canta la Garbatella: «Più che un quartiere, per me è un paesino» dice a Rolling Stone «non c’è un’atmosfera cupa, ma di rivalsa: ci industriamo per prenderci tutto ciò che ci meritiamo».
Gianni Bismark canta la Garbatella: «’Bravi ragazzi’ è un disco scritto dal mio quartiere»
«Ero sempre stato in fissa con il rap e Luke all’epoca aveva uno studio vicino a casa mia, alla Garbatella. Sapevo che era il figlio di Duke Montana e che produceva, così un giorno l’ho fermato e ho attaccato bottone» racconta il giovane musicista. «La trap ai tempi era una cosa nuova, e a Roma la facevano praticamente solo lui e un altro mio amico, Tony Effe, che conosco da quando ero bambino perché mio padre lo allenava a pallone. Così gli ho fatto sentire un paio di pezzi del suo gruppo. La prima volta mi ha guardato storto e ha detto “Mazza che schifo, che è ‘sta roba?”», ride. «Il giorno dopo mi ha richiamato e mi ha detto di portarglieli in studio, perché ci era andato in fissa: evidentemente gli erano cresciuti con gli ascolti».
“Facevo fatica a spostarmi da qui”
Il rap («soprattutto quello americano un po’ vecchiotto, tipo MF Doom o Kev Brown») lo ascolta da sempre senza farlo: «Un giorno, però, ho litigato con un amico che per me era un fratello, sono tornato a casa e ho cominciato a scrivere per sfogarmi. È stato lì che mi sono accorto che con le rime riesco a tirare fuori cose che non racconterei mai: sono una persona molto chiusa, non parlo molto. Il rap è il mio psicologo». «Da ragazzetto sono per lo più rimasto dentro i confini della Garbatella: ero un po’ chiuso, tant’è che all’inizio facevo fatica a spostarmi» dice nell’intervista. «Quando hanno cominciato a chiamarmi per fare le prime date a Milano o Torino mi inventavo delle scuse per non andare, tipo che lavoravo, ma la realtà è che non volevo prendere il treno. Quando si chiudevano le porte avevo la sensazione di essere in trappola, mi faceva impazzire».
“Né santi, né criminali, bravi ragazzi”
A dargli coraggio, la mamma: «Mi ha detto “Che vuoi fare, lavorare in cucina per sempre o fare sul serio?”. Allora ho preso coraggio, sono salito su un treno a caso e sono partito». Ma il cuore della sua arte è ancora alla Garbatella. «Per me, più che un quartiere, è un paesino. Da bambino tutte le case avevano le porte aperte, e ci conoscevamo tutti, dai più grandi ai più piccoli. Non c’è un’atmosfera cupa, ma di rivalsa: ci si industria per prenderci tutto ciò che ci meritiamo. La penna ce l’ho io in mano, ma Bravi ragazzi è un disco scritto da tutto il mio quartiere. Nella foto della copertina ci sono i miei veri amici, quelli con cui sono cresciuto: né santi né criminali, bravi ragazzi, appunto».
La comitiva: “Da un’occasione triste una cosa bella”
Secondo Gianni Bismark, questo «è un disco che parla di gente che sta crescendo, ma a cui non va molto di crescere». Come per Fischio e tuta, un brano scritto quando ha scoperto che la sua ex era appena diventata mamma. «Quando l’ho vista mi è preso un colpo», dice candidamente. «Però non penso mai al momento in cui le persone di cui parlo ascolteranno le mie canzoni: non me ne frega niente. Dopo che un pezzo esce, diventa mio e basta». Anche C’avevo un amico è una traccia legata al quartiere. «Era morto il padre di un mio carissimo amico, e abbiamo fatto un funerale in piazza alla Garbatella. C’era tutta la mia comitiva riunita, ed era tantissimo che non ci rivedevamo tutti insieme. Da un’occasione triste, insomma, è nata una cosa bella: quando sono tornato a casa, il testo mi è uscito da solo».
Califano, Venditti, Gabriella Ferri e Renato Zero
«Oltre al rap, ho sempre amato molto anche Califano, Venditti, Gabriella Ferri, Renato Zero. Roba che ascoltava tantissimo mia nonna, e che mi è entrata nelle vene». «I miei fan sono belli come il sole, super rispettosi» dice «È tutto molto spontaneo, tra di noi. Ricordo che le prime volte che mi capitava di fare qualche foto con un fan che tremava dall’emozione, io tremavo con lui. Venivo proprio da un altro mondo, non ci ero abituato».
Ilaria Paoletti