Roma, 8 feb – Roma, vigilessa ‘furbetta’ a processo: spesa e tintoria in orario di lavoro.
Quando era istruttrice di polizia locale con funzioni di polizia amministrativa, la dipendente aveva l’abitudine di timbrare e andarsene a casa.
Roma, vigilessa ‘furbetta’ a processo: timbrava ma poi se ne andava a spasso
La cosiddetta “truffa del cartellino” riguarda anche una vigilessa del corpo di polizia locale di Roma Capitale, accusata di avere timbrato per attestare una presenza al lavoro di fatto poi non garantita. La spesa al mercato, il ritiro degli abiti in tintoria, una passeggiata e altre commissioni sono tutte attività lecite … ma non in orario di lavoro.
Ma timbrava sempre il cartellino
I fatti che incastrano la donna risalgono al 2016, al processo si è arrivati dopo una serie di intercettazioni e appostamenti. La vigilessa, all’epoca istruttrice di polizia locale con funzioni di polizia amministrativa, tra gennaio e febbraio di quell’anno avrebbe timbrato per poi uscire dalla sede del distretto e mettere a frutto il tempo come meglio credeva opportuno, ovvero per svolgere una serie di commissioni o per tornare direttamente nel suo appartamento, distante meno di 300 metri dall’ufficio. Tutto in orario di lavoro, lavoro per cui percepiva uno stipendio.
La segnalazione anonima
Tutto è partito da una segnalazione anonima: la vigilessa, all’epoca sessantenne, è stata poi monitorata per diversi mesi. Gli inquirenti hanno accertato che in almeno sette occasioni, dopo avere timbrato usciva dal distretto, se ne andava allegramente tra i banchi del mercato Trionfale o a portare i vestiti in lavanderia. E’ stata fuori anche 4 ore, sebbene, ovviamente, rientrasse sempre in tempo per timbrare il cartellino a fine giornata.
La difesa: “Usciva per controllare che i negozi fossero in regola”
La donna è quindi stata accusata di truffa aggravata ai danni dello Stato, rinviata a giudizio ed è finita a processo. Il pubblico ministero ha chiesto per lei 2 anni e 2 mesi di reclusione, accompagnati da una multa di 400 euro. Roma Capitale, che si è costituita parte civile, ha chiesto invece una provvisionale di 5.000 euro oltre al risarcimento danni. La difesa sostiene che il lavoro stesso della donna, all’epca istruttrice che si occupava di procedimenti amministrativi e quindi di controllare (tra le altre cose) il rispetto delle norme negli esercizi pubblici e commerciali, comportava che uscisse dalla sede del distretto in cui lavorava. Per sapere chi ha ragione, la sentenza è attesa ad aprile.
Elisabetta Valeri