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Rebibbia, droga e cellulari arrivano in carcere … col drone

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Rebibbia drone

Roma, 2 gen – Rebibbia, droga e cellulari arrivano in carcere … col drone. Ecco cosa è stato  intercettato e sequestrato dalla polizia penitenziaria.

Rebibbia, droga e cellulari arrivano in carcere … col drone

Nel carcere romano di Rebibbia gli agenti della polizia penitenziaria hanno sequestrato telefoni cellulari e droga, introdotti nel Nuovo complesso della casa circondariale di via Majetti in modo innovativo: con un drone. Lo riporta Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, attraverso il Segretario Nazionale per il Lazio Maurizio Somma ed il Sindacato di Polizia Penitenziaria (Spp) tramite il segretario generale Aldo Di Giacomo.

Somma del Sappe dichiara che il personale di polizia penitenziaria di Rebibbia “è stato molto bravo ad intercettare il drone ed a eseguire prontamente una perquisizione che ha permesso di sequestrare più di dieci telefonini, pani di hashish, cavi e fili per la ricarica degli apparecchi telefonici e svariate carte Sim. L’attenta sorveglianza posta in essere alla video sorveglianza ha consentito ai baschi azzurri di rilevare la presenza del drone nonostante le tenebre della sera. Non è la prima volta che si rinvengono involucri contenenti droga e telefonini illecitamente introdotti con droni; una vera e propria “manna dal cielo” per i detenuti destinatari che possono condurre i loro illeciti traffici anche con l’esterno. Vengono cosi confermate tutte le ipotesi investigative circa l’ormai conclamato fenomeno di traffico illecito a mezzo droni, fenomeno questo favorito anche dalla libertà di movimento dei detenuti a seguito del regime custodiale aperto e delle criticità operative attuali, in cui opera la polizia penitenziaria, con dei livelli minimi di sicurezza”.

Di Giacomo del Spp dice: “I droni sono diventati da tempo lo strumento più diffuso per far entrare in carcere di tutto, senza dimenticare la pistola arrivata con il drone nel carcere di Frosinone e la sparatoria che è seguita, e soprattutto telefonini. E’ il caso di ricordare che nel giro di un anno nelle carceri italiane sono stati rinvenuti 1.761 telefoni cellulari. Erano stati 1.206 nel 2019 e 394 nel 2018. Solo una piccola parte arriva attraverso droni contro i quali non credo serva a molto la “schermatura” delle carceri come pure qualcuno ha proposto tenuto conto che come è stato accertato la “consegna” avviene in tanti altri modi, tra i quali c’è il sistema dei fucili o pistole ad aria compressa, come quelli dei bambini ma potenziati e modificati, in grado di sparare il mini telefono cellulare direttamente in cella da distanze considerevoli”.

Il segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria sottolinea che “la disponibilità di un telefono cellulare durante il periodo di detenzione, altro che per parlare a fidanzate ed amanti, è funzionale a obiettivi criminali ed a coltivare la supremazia nell’ambito dei rapporti carcerari perché quella disponibilità permette al detenuto di mantenere continui rapporti con il proprio ambiente esterno di provenienza e persino di continuare ad impartire disposizioni criminose da eseguire al di fuori della struttura carceraria, con ricadute assai negative sia sulla praticabilità di percorsi rieducativi (ove si tratti di condannati definitivi), sia per il soddisfacimento di eventuali esigenze cautelari per i così detti ‘non definitivi’, sia in generale per l’ordine pubblico”.

Elisabetta Valeri

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Romana, classe 1987, cresciuta a Primavalle. Laureata in giurisprudenza, giornalista da per passione e voglia di raccontare la città

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