Roma, 11 gen – E’ il 1983, nella hit parade domina Billie Jean di Michael Jackson e il film più visto nelle sale è Flashdance. Quaranta anni fa Roma aveva un altro volto che in alcuni quartieri si apprestava ad essere sfregiato dalla furia di Jack Lametta.
Jack Lametta fa il suo esordio sulle scene
Jack Lametta fa il suo ‘esordio’ sulle scene della cronaca nera capitolina il primo giugno del 1983. Il teatro dell’aggressione è viale Spartaco, nel quartiere Appio Claudio. Sono le 9.30 di mattina e Santa Di Casio, 67enne, si sta recando a fare la spesa al mercato. “Mi sono sentita sfiorare , è stato come un graffio” dirà agli investigatori. Poco dopo, alla vista del sangue, ha capito che il ragazzo le ha sfregiato il volto. Non passa che una manciata di ore che la stessa cosa capita ad un uomo di 70 anni, che si appresta ad entrare nella chiesa di San Giovanni Bosco. Sebbene anche lui venga colpito fulmineamente, riesce a capire con quale strumento l’aggressore sfregia le sue vittime: una lametta. Per la precisione, un rasoio da barbiere. Ecco quindi che la stampa ribattezza lo strano stalker ‘Jack Lametta’. Gli agguati di Jack Lametta, novello ‘beniamino’ della stampa, non si placano. La terza vittima, una donna di 62 anni, viene sfregiata a due passi dal Parco degli Acquedotti: appena un’ora dopo, è un uomo di 76 anni ad essere colpito al v olto. Una signora di 68 anni viene poi sfregiata, in pieno giorno, il 6 giugno, mentre si sta recando al mercato rionale, tra via Curione e via di Centocelle. Sono passate da poco le 9 di mattina.
Un volto come milioni di altri
L’identità di Jack Lametta rimane avvolta nella nebbia. Nonostante per ferire le sue vittime sia costretto ad avvicinarsi molto e a rimanere nella loro visuale, tutto ciò viene fuori dalle loro testimonianze sono scarni identikit fatti a matita. Lo sfregiatore del Tuscolano è stato descritto dalle sue vittime come un uomo giovane, fra i 25 e i 30 anni, alto circa un metro e ottanta con i capelli castani. Spesso indossa pantaloni chiari e camicia azzurra a righe. Un ritratto che corrisponde a milioni di persone, a Roma. Fino a questo momento, si pensa che prediliga vittime anziane, vista l’età media di chi è stato colpito. Ma questa ipotesi presto verrà messa in discussione.
“Tanto la pagheranno tutte”
Siamo in via Muzio Scevola, qualche tempo dopo, quando sempre in pieno giorno (sono le 13) viene aggredita e sfregiata una ragazza di appena 24 anni. Prima di scappare, Jack Lametta le avrebbe detto: “Tanto la pagheranno tutte”. E la ragazza riesce ad aggiungere un particolare alla descrizione dello sfregiatore folle: porta i baffi. Come a voler smentire ancor di più la tesi che lo vuole concentrato sulle persone anziane, l’8 giugno c’è un’altra vittima giovane, di 22 anni: viene sfregiata davanti al portone di casa sua, a Torpignattara. Anche lei riesce a scorgere un dettaglio in più sul suo aggressore: ha una maglietta a righe rosse. Il 9 giugno c’è l’ultima vittima documentata di Jack Lametta: una donna di 33 anni affetta da poliomelite. La signora viene probabilmente aggredita mentre si reca al mercato rionale. Non si accorge del taglio fino a quando chi la incontra non le indica il sangue.
Psicosi e linciaggi
Come successe per il Mostro di Roma, la paura nella città si trasforma presto in psicosi e ammorba l’estate capitolina. Innumerevoli i falsi avvistamenti, basati sia su persone vestite come Jack Lametta sial possesso di rasoi da barbierie. Gli avvistamenti poi, occasionalmente, sfociano in linciaggi: succede a Tor Pignattara. Qui il ventenne Sergio Di Modica viene preso a calci, pugni e bastonate da decine di cittadini infuriati, in via dell’Acqua Bullicante. Solo l’arrivo della polizia svela l’equivoco: Di Modica ha appena rapinato un negozio. Sta scappando dal proprietario, che è stato poi seguito dalla ‘ronda’ anti – Jack Lametta organizzata dal quartiere, composta da circa centocinquanta persone. I poliziotti, per paradosso, si trovano a dover gridare: «Lasciatelo stare, è soltanto un rapinatore!».
Il mistero della telefonata: era davvero un mitomane?
C’è poi il mistero della telefonata: un uomo decide di chiamare la redazione dell’ANSA, sostenendo di essere proprio Jack Lametta. E spiega anche ai giornalisti il perché si accanirebbe contro le donne. La loro colpa è di scegliere sempre “uomini belli, ricchi e brillanti”. Gli uomini vittime delle sue aggressioni sarebbero stati soltanto errori di percorso. Chiunque sia stato a chiamare, verrà bollato come un mitomane. Resta il fatto che sosterrà di volerla fare finita con le aggressioni. E queste, in effetti, termineranno. Almeno per un po’.
Il ritorno dello sfregiatore
E’ il 16 ottobre del 1995, quando tra via della Caffarella e via Latina, vengono aggredite una ragazza di 21 anni, colpita con un taglio alla nuca e una dottoressa di 45 anni che, invece, viene ferita alla scapola destra. “Mentre ero in via Latina ho sentito dei passi dietro di me e poi un colpo alla nuca” racconta la ragazza di 21 anni. “Mi sono girata ma ho fatto appena in tempo a vedere un’ombra che si tuffava nel buio del parco. Poi ho sentito qualcosa di caldo che mi appesantiva i capelli. Era sangue”. Daniela, la dottoressa di 45 anni, ha sentito una voce alle sue spalle prima dell’aggressione: “Ciao”, le ha detto. Poi, la vittima che se la vede peggio: una donna di 43 anni, mamma, che sta andando a prendere il figlio. Per lei, sono ben 38 punti i di sutura nella parte sinistra del volto. Il taglio parte dalla tempia e finisce allo zigomo. Prima dell’aggressione, un giovane con la faccia mascherata le è piombato addosso, e le ha detto: “Buonasera signora”.
“Sono il demone del male”
Poco dopo, viene aggredita la portiera in un palazzo. Per proteggersi il volto, alla donna vengono recisi i termini della mano sinistra. Alla signora Maddalena, la portiera, sussurra: “Sono il demone del male”. Lei replica: “Non fare il cretino”. Come tanti anni anni prima, Roma piomba di nuovo nella psicosi. Della figura di Jack Lametta si occupano anche dei luminari: ”La lama e’ una sorta di protesi sessuale – dichiarò Vera Slepoj, presidente della Federazione italiana psicologi ad Adnkronos – E lo sfregio rappresenta una forma di penetrazione, un modo per porre stigmate, sigilli di possesso, perché la lama incide e penetra nella carne, quasi in sostituzione di una violenza carnale che pensa di non essere in grado di poter consumare. Ha scelto di punire la donna in quanto tale, per dimostrare tutto il potere e la potenza che può dispiegare sull’altro sesso. Potenza che evidentemente non e’ in grado di sviluppare e indirizzare sessualmente”.
Jack sparisce nel nulla (di nuovo)
“Il ritorno di Jack Lametta” titola ancora il 30 ottobre del ’95 Repubblica “Roma piomba nell’incubo”. “Ronde notturne di agenti in borghese, poliziotte-esca sguinzagliate per attrarre il bruto e stanze di commissariato piene di cicche e di fumo, in attesa che dalla radio arrivi l’annuncio liberatorio: “Il bruto è nostro, l’ abbiamo preso”” si legge nell’articolo. Ma Jack Lametta non è mai stato preso: è di nuovo sparito nel nulla. Che fine ha fatto? E’ morto? La reazione delle forze dell’ordine lo ha veramente messo alle strette, o ha deciso di cambiare metodo? Lo sfregiatore dell’83 è lo stesso, molto più violento, del 1995? Queste e tante altre domande forse non avranno mai risposta.
Ilaria Paoletti