Roma, 10 gen – Il nome ‘Girolimoni’ a Roma è ancora usato per descrivere, tout court, un depravato o un pedofilo. Ma dietro quel nome si nascondono due terribili storie: la prima è quella del Mostro di Roma, serial killer che negli anni 20 ha lasciato dietro di sé una lunga scia di sangue e sofferenza. La seconda è quella di Gino Girolimoni, un uomo innocente che suo malgrado è diventato il simbolo del cuore marcio della società italiana.
Il ‘Mostro di Roma’, il killer di bambine che terrorizzò la Capitale negli anni ’20
Tutto inizia il 31 Marzo 1924, quando Emma Giacobini, una bambina di 4 anni, si trova con la mamma nei giardini di Piazza Cavour. La piccola sta giocando e per un momento fulmineo la mamma la perde di vista. Appena si accorge che la piccola Emma è sparita, la madre lancia l’allarme. Dopo due interminabili ore, Emma viene ritrovata a Monte Mario: è viva, ma riporta segni di violenza fisica sul corpo. A ritrovarla fu una donna che viveva lì vicino, e che attirata dalle grida della piccola, fece in tempo a scoprire un uomo, dell’età apparente di circa 45 anni, che si rivestiva e si allontanava velocemente.
La triste storia di Armanda Lonardi
Una manciata di mesi dopo, il 4 Giugno 1924, Armanda Lonardi, una piccina di appena 2 anni, fu afferrata da uno sconosciuto in via Paola, il quale tentò di trascinarla via. Ma la piccola Armanda urlò a pieni polmoni, lo prese a calci, attirando l’attenzione di alcuni passanti. Armanda si salvò, ma purtroppo il suo nome tornerà in questa triste storia.
Sparisce Bianca Carlieri
Non solo: la stessa sera sparisce in Via del Gonfalone (Trastevere) Bianca Carlieri. Anche lei come Emma ha quattro anni. Per Bianca, però, le cose prendono una piega tragica: il suo corpicino viene ritrovato vicino alla basilica di San Paolo fuori le mura. La piccola Bianca era stata strozzata e violentata sessualmente. Le autorità stanno all’erta. E fanno bene: perché il 25 Novembre l’assassino torna a colpire.
La morte di Rosina
Questa volta rapisce Rosina Pelli, un’altra bimba di quattro anni. Rosina viene ritrovata cadavere a Monte Mario. Anche lei è stata stuprata. Testimonianze frammentario sul rapimento parlavano di un rapitore anziano, ma alto e distinto e persino vestito elegantemente. Il giorno dopo la morte di Rosina un militare di vent’anni si uccide perché, scriverà in una lettera, è certo di aver visto un uomo dalle parti di San Pietro che distribuiva caramelle ad alcune bambine: non si perdona di non averlo denunciato.
La piccola Elisa Berni
Gli omicidi , tuttavia, continuano: il 31 Maggio del 1925 sparisce Elisa Berni, 6 anni. Elisa è stata vista l’ultima volta mentre scendeva le scade di casa, in via Porta Castello. Stava andando alla fontana per prendere l’acqua. Poi, è sparita. Il suo cadavere viene ritrovato nei pressi del Tevere. Il killer non ha cambiato pattern: anche lei è stata stuprata. Oltre a questa tragedia, il Mostro di Roma miete la sua prima vittima ‘incidentale’: il sagrestano di Borgo Pio, che dopo essere stato incluso tra i sospettati (poi rilasciato) non resse alla vergogna e si tolse la vita, impiccandosi. Il Ministero degli Interni, a questo punto, corse ai ripari offrendo un premio di 50.000 lire a chi fornisse informazioni utili per identificare il mostro. Al poliziotto che sarebbe riuscito ad arrestare il killer di bambine sarebbe anche stato immediatamente promosso.
Celeste, appena un anno e mezzo
Prima ancora che queste misure portassero a qualcosa di utile, il 26 agosto del 1925 Celeste Tagliaferri, di 1 anno e mezzo, fu rapita da casa sua. Celeste abitava in via dei Corridori. Venne ritrovata in vita, ore dopo, sulla via Tuscolana. Celeste era nuda per metà, ferita al basso ventre e al collo aveva stretto un fazzoletto. La ferita non le lasciò scampo, e morì qualche ora dopo. Il 12 febbraio 1926 Elvira Coletti, di 6 anni, fu rapita vicino casa sua. Venne portata dal rapitore sul lungo Tevere e qui venne violentata: ma Elisa riuscì miracolosamente a scappare. Corse a dare l’allarme, ma le informazioni che diede agli inquirenti non furono sufficienti per ricostruire un identikit del mostro.
Armanda incontra il suo destino
Ricordate la piccola Armanda Leonardi, che a giugno ’24 riuscì a sfuggire al Mostro? Il 12 marzo 1927 venne rapita proprio da casa sua. La madre arrivò all’ultimo minuto e non riuscì a salvarla. La mamma di Amanda descrisse il rapitore come un uomo elegante: aveva un cappotto nero ed un ombrello. La piccola Amanda, purtroppo, vittima di questa assurda ‘vendetta’ (o forse ossessione) del Mostro venne ritrovata, strangolata e violentata, il giorno successivo ai piedi dell’Aventino.
La follia prende il sopravvento
Roma è in preda al panico: la Questura indaga e mette sotto torchio principalmente malati mentali, vagabondi e barboni. La fobia in città è tale che un investigatore privato, Vittorio Pellegrini, annuncia di avere scoperto l’identità dello psicopatico assassino. Indica Francesco Imbardelli, un vagabondo che chiede l’elemosina. Alcune donne dicono di averlo visto molestare delle bambine. Imbardelli viene arrestato e sottoposto a interrogatorio: l’uomo, dalla psiche labile, finisce con l’autoaccusarsi dell’omicidio. A ‘salvarlo’ arriva il direttore del dormitorio pubblico dove il vagabondo si reca spesso, che lo descrive come un povero demente, innocuo. Ma non finisce qui: un vetturino di trentotto anni, Amedeo Sterbini, arriva togliersi la vita ingerendo un fiasco di acido muriatico, perché convinto che sarà accusato di essere il killer.
Entra in scena Gino Girolimoni
La morte della piccola Amanda dà suo malgrado una svolta alle indagini: Giovanni Massacesi, proprietario di una trattoria, dice di aver visto nel suo ristorante proprio Armanda. L’ha riconosciuta grazie alle foto sui giornali. Amanda, a suo dire, era con un uomo che presentava una ferita sul collo. L’identikit corrispondeva ad un certo Gino Girolimoni.
Un killer ‘mediatico’
Girolimoni sembrava corrispondere al ritratto di un potenziale assassino di bambine, almeno stando agli standard investigativi dell’epoca: era scapolo, abbastanza facoltoso ed amava le donne. Qualcuno sostenne di averlo visto regalare caramelle ad una bambina di 12 anni mentre l’accarezzava. Un ex compagno di caserma di Girolimoni, inoltre affermò che l’uomo era stato visto violentare una bimbaa Casarsa delle Delizie. L’uomo venne immediatamente arrestato. Un comunicato dalla polizia venne subito emesso per tranquillizzare la popolazione.
Innocente, ma senza voce
Ma l’8 marzo 1928, Gino Girolimoni venne scarcerato: venne riconosciuto estraneo ai fatti. La dodicenne a cui Girolimoni aveva dato una caramella era la servetta di una donna sposata che l’uomo corteggiava. Per non metterla in difficoltà, l’uomo evitò di farne il nome. Persino l’ex commilitone di Girolimoni si rimangiò la sua testimonianza. E, particolare non da poco, quando la piccola Amanda venne rapita, l’uomo non era a Roma. Nonostante avesse riacquistato la libertà, la vita di Girolimoni era stata rovinata per sempre. Cambiò lavoro, divenne ciabattino, e morì nel 1961 in povertà, dopo aver passato la vita a reclamare la sua innocenza e a cercare di essere ascoltato da tribunali e giornali. Al suo funerale poche persone, tra le quali il commissario Dosi che, per primo, si occupò del caso.
Ilaria Paoletti