Roma, 19 dic – Per gli amanti di Roma e della sua storia il nome ‘Giacomo Boni’ è sinonimo di miracoli. Grazie alle sue ricerche nel Foro Romano all’inizio del secolo si devono la scoperta del Lapis niger, della Regia, del Lacus Curtius, dei cunicoli cesariani nel sottosuolo della piazza, della necropoli arcaica presso il tempio di Antonino e Faustina e della chiesa di Santa Maria Antiqua e di molto altro. Eppure nonostante la lodevole iniziativa del Parco Archeologico del Colosseo orientarsi e cercare di sapere qualcosa di più sul percorso allestito in onore di Boni è una piccola impresa.
Giacomo Boni, ai Fori una mostra difficile da ‘scovare’
Partiamo dalla prenotazione del biglietto che, come ormai sappiamo, è obbligatoria causa normativa anti-Covid: cercando su Google il nome del percorso (Giacomo Boni. L’alba della modernità) si viene reindirizzati su una pagina del sito ufficiale del Parco Archeologico (questa) e subito ci ritroviamo davanti un laconico “Pagina non trovata. La pagina che cercavi non è stato trovata, prova con una ricerca”. Per chi non si perde d’animo, la soluzione è comprare il biglietto ‘standard’ di accesso al parco archeologico e sperare di trovare lì qualche indicazione.
All’ingresso del parco in via dei Fori Imperiali, ci viene detto che il percorso su Boni sarebbe iniziato dal ‘Foro Romano’, dove c’è il pallone aerostatico. Il pallone aerostatico in effetti c’è, ed è praticamente dentro le Terme di Caracalla, ma a parte un tabellone con il logo della mostra non ci sono altre indicazioni (né si capisce l’importanza, appunto, di un pallone aerostatico che riporta le immagini dall’alto dell’area archeologica né cosa c’entri con Boni).
Cambellotti e Santa Maria Antiqua
Armati di pazienza ci mettiamo a cercare i vari ‘segnali’ che riconducano al percorso tematico su Boni e, finalmente, ci troviamo davanti al cosiddetto ‘Tempio di Romolo’ dove è stata allestita parte della mostra. Che, va detto, è arricchita da molti filmati d’epoca – meravigliosi – e opere che precipitano nell’atmosfera mistica che circondava gli studi di Boni dell’inizio del ‘900, come le opere di Duilio Cambellotti. Le spiegazioni dei tabelloni sulle opere e la vita di Boni sono un po’ scarne – poco viene concesso ai suoi studi esoterici, poco anche alle scoperte e alle ‘simpatie’ politiche – ma almeno, per chi non lo conosce, viene spiegata la presenza del pallone aerostatico e l’importanza che tale mezzo ha avuto nella mappatura dei Fori grazie proprio all”eremita del Palatino’. Grazie a un’addetta scopriamo che è aperta anche la dimora di Boni nei Fori, l’Uccelliera Farnese, ma prima di arrivarci veniamo guidati da altri tabelloni con il logo della mostra che ci portano nella bellissima Santa Maria Antiqua.
I Fori valgono sempre una visita, ma …
Sebbene anche Boni sia stato coinvolto negli scavi dell’antica chiesa del VI secolo, di lui c’è poco e niente nei tabelloni informativi e, sebbene la visita lasci senza fiato (c’è forse qualcosa che non sortisca questo effetto nei Fori?) poco altro viene spiegato in merito. Una volta giunti presso gli stupendi Orti Farnesiani, in due locali dell’Uccelleria Farnese dove Boni viveva, appunto, come eremita, troviamo alcuni arredi del suo studio del Palatino, altre opere di Cambellotti, l’inquietante ‘Gli archeologi’ di De Chirico e, anche qui, poche spiegazioni sulla figura di Boni, a cui si deve gran parte della riscoperta dell’archeologica a Roma con metodi innovativi e puntuali di conservazione scavo. Quello che non sappiamo quando usciamo da tale visita è che il percorso su Boni è finito così. O, meglio, ci sarebbe la tomba di Boni – l’unico uomo contemporaneo ad avere avuto l’onore di avere sepoltura sul Palatino – ma è resa inaccessibile da alcune cordicelle. Una volta lì, non vorrete perdere le Capanne Romulee, quello che è probabilmente il primo insediamento umano sul Palatino, scoperte nel 1948. Grazie ad una guida ‘rubata’ (eravamo vicini mentre spiegava le capanne della Roma Quadrata) veniamo a sapere qualcosa di più sull’antico sito, giacché le spiegazioni sono molto poche dal pannello informativo. Insomma, ci si aspettava di più e meglio da un percorso dedicato all’eremita del Palatino, una delle ultime figure a metà tra scienza e misticismo della storia d’Italia. Speravamo di trattasse del dovuto omaggio ad personaggi troppo spesso ‘ignorato’ nella storia di Roma e invece si è rivelata, in parte, un’occasione persa.
Ilaria Paoletti