Roma, 22 nov – Ho visto la serie di Zerocalcare Strappare lungo i bordi, e mi ha fatto ridere. Premetto che secondo me è ben fatta e il successo che ha era ampiamente prevedibile e in parte meritato. Ma Rech voce di una generazione? Anche no. E vi spiego perché.
Strappare lungo i bordi, il ‘successo’ di Zerocalcare viene epurato
Quello che non condivido è il fatto che adesso, post sbornia Netflix, Michele Rech venga portato avanti come la voce di una generazione. Non è così o, almeno, non più. Zerocalcare è protagonista di una sovrapposizione di piani, che lui ne sia consapevole o meno. Nel momento in cui un fumettista come lui sfonda, non è che gli si rinfaccia in toto il fatto di aver fatto successo (argomento che mi sembra si senta molto più a sinistra che a destra) ma che la rappresentazione di sé stesso è sorpassata dalla realtà dei fatti.
Ma non è più uno sfigato
Il fatto è che lui attinge a piene mani dalle sue esperienze personali. Continua a rappresentarsi, anche alla soglia dei 40 anni, come uno sfigato che vive sul divano, la cui vita praticamente non è cambiata di un millimetro da quando lui ha sfondato ed è diventato parte integrante di un progetto editoriale che fa capo a L’Espresso (che lo ha definito ‘l’ultimo intellettuale’), al gruppo editoriale Gedi, che l’ha visto condividere copertine con Michela Murgia, una pensatrice che io definirei parte del problema anche guardando le cose da sinistra.
La politica che c’è (ma non c’è)
Nella sua serie Strappare lungo i bordi questo elemento è completamente assente: ha lasciato sullo sfondo tutte le esperienze che potevano essere effettivamente estremiste. Il concerto al centro sociale La Strada dove suonavano il Klaxon, i posterini sottoculturali sulla parete … non sono stati minimamente analizzati. Stanno lì a fare da corredo, quando noi sappiamo molto bene che gran parte della carriera e della notorietà di Zero gli viene anche dall’aver disegnato (sicuramente pro bono) tanti e tanti manifesti per iniziative politiche di sinistra a Roma e non solo.
La credibilità di strada a fasi alterne
Sappiamo anche bene che è stato uno di quelli che voleva ad esempio le case editrici di destra fuori dal salone di Torino, motivando la sua richiesta, tra le altre cose, col fatto che non poteva andare al bagno trovandosi faccia a faccia con chi avrebbe “accoltellato” i suoi compagni. Nessuno ha pensato di fargli notare che, vivendo a Roma in un contesto popolare, li avrebbe potuti incontrare in ogni momento. Ciò avrebbe minato la sua street cred che compone parte del suo fascino artistico. No, lui ha usato una posizione di forza (la notorietà) per lanciare una sorta di fatwa antifascista. Ma era già fuori tempo massimo per farlo rilanciando con episodi di violenza stradaiola.
Le censure al privato
Aldilà della godibilità della serie in sé, che sicuramente c’è, è incontrovertibile, è chiaro che il personaggio Zerocalcare ha operato una serie di censure, soprattutto se teniamo conto della vena intimista dell’operazione. Una di queste censure, come abbiamo detto, è la sua affiliazione politica da considerarsi estrema, se analizziamo le cose con la lente del 2021 – un tempo ove nessuno ormai fa più militanza. L’altra è il fatto che a parte dirci che ha una casa più grande, è completamente assente l’elemento del successo non in quanto veicolo che ti permette di poter pagare un affitto più alto, bensì come crescita anche esistenziale. Il successo che ti permette di poter andare a fare i festival letterari, di essere la star dei festival del fumetto, di trovarti costretto a chiedere scusa via social alle persone che hanno aspettato in fila al Lucca Comics perché volevano una tua firma su una tua opera e non ci sono riuscite perché erano troppe.
Ma quale voce di una generazione
Questo tipo di successo è stato totalmente censurato nella operazione nostalgico-intimista che è Strappare lungo i bordi. E la ragione è semplice: Rech riferimento a dei canoni culturali abbastanza universali, nei quali in parte mi riconosco anche io, a un umorismo che funziona e adotta un punto di vista sulle cose che, per la vecchiezza della quale è intrisa la cultura e anche la comicità italiana, sicuramente spicca. Ma è uno che continua a confondere i piani e che forse non sa – o non vuol dirci, per non ‘sabotare’ la sua narrazione – che invece è molto diverso da noi. Lui ce l’ha fatta.
L’episodio dell’estintore
Mi ricordo che Rech doveva partecipare ad un festival, se non erro a L’Aquila. Il festival, finanziato coi fondi dei Beni Culturali, venne criticato per la mancanza di pluralità politica. La direttrice artistica del festival, da par suo, esponeva con fierezza sui suoi profili social un quadro di Rech che era un omaggio all’estintore di Carlo Giuliani. Lungi da me essere una di quelli che … i nostri angeli in divisa, stiamo pur sempre parlando di un omaggio grafico ad uno che in quel momento era in strada a fare gli scontri. E’ un messaggio estremista, che lo si voglia oppure no. Forse era meno estremista 20 anni fa, forse era meno estremista se esposto al Forte Prenestino, ma se devi partecipare ad un festival foraggiato dalle istituzioni, poi non ti sorprendere se qualcuno approfitterà della situazione per criticarti, non inorridire di fronte al glitch del sistema: perché ne fai parte.
Uno su mille ce la fa
Zerocalcare è arrivato a disegnare le copertine per Max Pezzali. Ecco, un esempio: perché non ci parla del fatto che ha conosciuto Max Pezzali? Quello sì che è un sogno generazionale. Ma no, quella è una cosa che lo avrebbe fatto passare troppo per ciò che è, cioè uno che ce l’ha fatta. E questo non va bene: non ci saremmo potuti immedesimare. Parliamoci chiaro, Zerocalcare è uno che ha realizzato il sogno bagnato di tutti i figli dei boomer: vivere del proprio lavoro creativo. E ci è arrivato facendo proprio questo, epurando la sua opera dai messaggi eccessivamente estremisti man mano che il successo cresceva. Non ci dice, nella sua serie, perché è andato a Genova, cosa ne pensava del fatto che fosse morto Carlo Giuliani, no: lui ci riporta per l’ennesima volta la macchietta di quello che va a Genova per prendersi due pizze in faccia dai Forestali. Non approfondisce: su Netflix non si può fare. E così noi ci ritroviamo un Master of None ambientato a Ponte Mammolo. Con la differenza che Aziz Ansari o persino Carlo Verdone in Vita da Carlo il loro successo, e dunque la linea di demarcazione tra noi e loro, ad un certo punto lo riconoscono. Avranno perso il titolo di voce di una generazione, ma hanno corso il rischio per onestà intellettuale.
Ilaria Paoletti