Roma, 4 nov – Lavoratore licenziato, Massimo Pedretti (USB Logistica): “Amazon segue legge non scritta. Se ne frega dei contratti collettivi”. La storia di Gino, driver Amazon presso la sede di Pomezia, licenziato dopo la terapia oncologica, riaccende prepotentemente il dibattito circa le condizioni di lavoro dei corrieri e dei magazzinieri alle dipendenze del colosso dell’e-commerce. A onta infatti delle pubblicità dell’azienda in cui il magazzino viene dipinto come un posto da favola, la situazione di chi ha rapporti di lavoro con Amazon è ben diversa, fatta spesso di perversi meccanismi di scatole cinesi tra aziende appaltanti e appaltatrici che, de facto, annullano l’applicabilità dei contratti collettivi nazionali di lavoro. RomaLife ne parla quindi con Massimo Pedretti, responsabile USB Logistica, rappresentante dello stesso sindacato che ha denunciato l’ignobile trattamento nei confronti del lavoratore di Pomezia.
Nel vostro comunicato si legge che Gino è stato “licenziato dall’azienda Unicotras Srl di Bari, stessa azienda che ad aprile aveva licenziato Claudio Ceccacci, delegato USB, colpevole di aver richiesto in maniera insistente la pulizia dei furgoni”. Puoi dirci qualcosa di più sul caso di Ceccacci?
“Ceccacci è o meglio era un nostro delegato, rappresentante sindacale aziendale, presso la filiale Amazon di Pomezia, dipendente anche lui di Unicotras. Come rappresentante sindacale era uno dei lavoratori più tartassato da lettere di contestazioni varie, perché era uno che si interessava fin troppo, a detta dell’azienda, delle vicende dei colleghi. E’ stato licenziato il mese di aprile in seguito a una contestazione disciplinare di un preposto, che contestava il fatto che Claudio avesse richiesto più volte, energicamente, la sanificazione dei furgoni: il suo e quello dei suoi colleghi. Da lì sarebbe nata una discussione durante la quale Ceccacci avrebbe minacciato questo preposto. Addirittura è stato denunciato per “minacce”, denuncia poi ritirata nel momento in cui Claudio ha effettuato la sua controquerela. L’azienda ha preso la palla al balzo per licenziarlo e levarsi di torno un lavoratore combattivo, che ha ed aveva ancora un grosso seguito all’interno dei magazzini Amazon. La vicenda l’abbiamo definita appunto “licenziamento per aver chiesto la sanificazione dei furgoni” perché l’episodio finale scatenante è stata l’impuntatura di Claudio una mattina che ha detto “se non ci pulite i furgoni non carichiamo“.
In che modo vengono assunti i driver in Amazon e come mai c’è questa “mediazione” con altre società come la Unicotras?
“I driver in Amazon sono tutti i lavoratori esternalizzati ad aziende di trasporto che sono sostanzialmente le stesse che lavorano nelle altre grandi aziende della logistica, come SDA, DHL, UPS, TNT. Amazon adotta questa politica per i driver, mentre per quanto riguarda i magazzinieri, sono assunti direttamente dalle due aziende Amazon che ci sono in Italia: Amazon Italia Logistica e Amazon Italia Transport. I driver invece sono esternalizzati e questo rientra in una politica generale del settore della logistica. Questo fa sì che, però, in questo meccanismo perverso di appalti e subappalti non ci sia mai un soggetto responsabile col quale interloquire e col quale andare a risolvere i problemi dei lavoratori. Quando si parla con le aziende tipo Unicotras queste rispondono che è Amazon che decide, quando si parla con Amazon, Amazon dice che non è lei tenuta a dare risposte. E’ un gioco di scatole cinesi che permette sia ad Amazon che a questa società in appalto di continuare a fare il bello e cattivo tempo”.
Quali sono le altre criticità riscontrate dai lavoratori nello stabilimento di Pomezia ?
“Le altre criticità riscontrate dai lavoratori nello stabilimento di Pomezia sono quelle riscontrate da tutti i driver Amazon sul territorio nazionale: l’aumento spropositato dei carichi di lavoro dovuti alla gestione del tristemente noto algoritmo di Amazon che fa si che se oggi Massimo Pedretti ha consegnato 100 pacchi su una zona e domani ne fa 101 da domani quella zona sarà calibrata su 105 e così via. Transitando all’interno dei magazzini Amazon una marea di lavoratori precari, sia interinali quindi dipendenti di agenzie somministrazione lavoro, sia a tempo determinato, è facile capire come attraverso il lavoro del lavoratore a tempo determinato che spinge di più oggi siamo arrivati a 180/200 colli al giorno consegnati, quando solamente 3 anni fa la media era di 80. Poi c’è il discorso degli orari di lavoro: vero che in Amazon vengono rispettati gli orari contrattuali, ma è anche vero che con artifizi burocratici e normativi oggi il driver Amazon invece di lavorare 39 ore, come stabilisce il contratto, ne lavora 44 e noi gli vengono riconosciuti gli straordinari ma gli viene riconosciuta un’indennità forfettizzata di straordinario che, alla fine, fa mettere in tasca al lavoratore una cifra leggermente più bassa dello straordinario stesso, ma che soprattutto fa risparmiare le aziende soldi in termini di tasse e di contributi. E questi sono artifizi che Amazon può fare attraverso gli accordi che firma con CGIL CISL UIL. Oltre a questo abbiamo il problema del pagamento delle franchigie, dei danni ai furgoni, che i corrieri sono costretti a pagare di tasca propria: ogni volta che un corriere rompe un furgone per sua negligenza o perché gli vanno addosso o perché lo parcheggio in doppia fila e gli portano via lo specchietto deve pagare il danno. Questa è una tassa, una vera e propria tassa, per i corrieri che sono costretti a correre e sono costretti a parcheggiare in doppia o tripla fila, e sono oltretutto costretti a pagare i danni che quotidianamente accadono ai loro furgoni. Un’altra problematica che stiamo cercando di gestire proprio con Unicotras riguarda il fatto che ai lavoratori dipendenti di Unicotras delle altre aziende che lavorano per Amazon non vengono fornite le divise di lavoro: ogni corriere che si conosca ha la sua divisa di lavoro, come ogni operaio. Dentro Amazon sono costretti a lavorare con i propri indumenti nonostante il contratto collettivo nazionale preveda la fornitura da parte dell’azienda degli indumenti di lavoro. Unicotras ci ha risposto tempo fa che è vero che il contratto lo prevede, ma Amazon no. Quindi i partner e i fornitori di Amazon seguono una legge non scritta che è quella di Amazon e se ne infischiano dei contratti collettivi nazionali”.
Ilaria Paoletti