Home Cronaca (Video) Massimo Galli: “Il Green pass? Strumento di politica sanitaria”

(Video) Massimo Galli: “Il Green pass? Strumento di politica sanitaria”

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Galli, video Agenzia Dire

Roma, 2 nov – Massimo Galli, professore ordinario di malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, nel suo primo giorno da fuori ruolo, dice la sua su Green pass e certezze scientifiche (poche): “Il Green pass? Strumento di politica sanitaria“.

Galli: “Il Green pass? Strumento di politica sanitaria”

“Ritengo che il Green Pass sia fondamentalmente uno strumento di politica sanitaria e che la questione chiave, cioè la questione della durata della copertura conferita dal vaccino e dalla guarigione dalla malattia franca ed evidente, rimanga ovviamente sub iudice, tenendo conto che si sta lavorando molto su questa cosa e che, ahimè, il giudizio lo darà soltanto il tempo. Si possono fare proiezioni ma certezze assolute, anche sul piano scientifico, non ne puoi avere”. Così, alla Dire, Massimo Galli, professore ordinario di malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, nel suo primo giorno da fuori ruolo.

“L’infezione conferisce protezione elevata”

“Credo comunque- prosegue Galli- che ci siano dati robusti che dicono che l’infezione ti conferisce una protezione elevata rispetto al poterti reinfettare, credo anche con la variante delta in ballo, almeno nei primi nove mesi dalla fine dell’infezione, dalla negativizzazione di un tampone. Due studi, uno fatto in Qatar e uno fatto in Lombardia, dicono che la probabilità a nove mesi di reinfettarti è circa del 3 × 1000. Gli studi riguardano la popolazione delle persone che hanno sperimentato una Covid, compreso quelle con una Covid asintomatica o pauci sintomatica, ossia popolazioni direi omnicomprensive”. Galli sottolinea che si tratta di “dati importanti per capire che persone che hanno fatto l’infezione e che hanno ancora anticorpi neutralizzanti hanno veramente basse probabilità di infettarsi e di infettare altri. Questo è un elemento che dovrebbe essere aggiunto alle considerazioni sul Green Pass”.

“Non tutti rispondono alla terza dose”

L’esperto aggiunge inoltre che “quando le persone vengono vaccinate, alcune rispondono e altre no. E talvolta queste persone non rispondono nemmeno ad una terza dose. Prendo ad esempio il caso limite delle persone portatrici di trapianti di organo solido, che sono state valutate in uno studio molto citato: con prima dose Pfizer hanno avuto un 4% di risposta, un disastro, a 21 giorni dalla dose. Con la seconda dose sono salite al 40%. Devo dire che per queste persone tutto è partito un po’ come un diesel, come un motore a lento avviamento, e che dopo un po’ di tempo ha comunque visto la risposta da parte di un certo numero di persone. La terza dose, poi, ha portato al 68%, ottimo risultato per certi versi, anche se rimane sempre un terzo di persone che non hanno risposto. Questo è un caso limite, ovviamente, che riguarda una condizione di immunodepressione grave ma, in qualche modo, su questa cosa va fatto un ragionamento”.

Il professor Galli spiega inoltre che “in chiave di sanità pubblica, l’indicazione è quella di fare la terza dose a tutti, così li ‘prendiamo tutti’, sia quelli che hanno risposto, sia quelli che non hanno risposto. Resta però il fatto che alcuni non risponderanno comunque e su questo bisogna ragionare di più. Ed è importante per uno che fa il medico clinico, cioè che si occupa di pazienti, di persone immunodepresse, ad esempio, ma è anche importante per sapere qual è la situazione dei colleghi che vanno a lavorare in ospedale, perché se tu hai vaccinato tre volte una persona ma questa non ha risposto, allora è inutile dire che forse avrà una buona risposta non di anticorpi ma fatta da risposta cellulare e memoria immunologica e quant’altro. Forse sì, forse no, certamente è una persona in condizioni meno brillanti rispetto ad altre, se si trova in quel tipo di situazione”.

Infine, secondo Galli “è necessario sdoganare e capire qualcosa di più sull’utilizzo degli anticorpi, è un argomento che deve essere standardizzato, è necessario aiutarsi nella decisione per una terza dose e, se sarà necessario, anche per una quarta. In ogni caso credo che le persone chiedano più risposte, che i medici abbiano bisogno di più risposte e anche il sistema necessiti di una maggiore chiarezza da questo punto di vista e di una maggior capacità di comprensione che viene anche dalla capacità di considerare questi aspetti”, conclude.

Ilaria Paoletti

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