Roma, 26 ott – Alberto Genovese, le inquietanti chat con gli amici: “Sono un porco pedofilo”.
Alberto Genovese, le chat con gli amici: “Sono un porco pedofilo”
Alberto Genovese, ascoltato dalla Procura di Milano, sostiene ancora che il comportamento delle ragazze che lo accusano di stupro fosse consapevole e consenziente. Nei party dove sono avvenute le violenze, dice Genovese, si viveva in “un universo in cui tutto era permeato dalla droga. Io ero arrivato addirittura a pensare di non poter stare con una ragazza che non fosse drogata”.
“Le ragazze venivano apposta per drogarsi”
Secondo Genovese, “le ragazze venivano apposta per drogarsi”, come la 18enne che lo accusa ora di averla violentata a Milano, che secondo quanto dice l’imprenditore era entrata in camera sua “volontariamente, consensualmente“, per “fare sesso e assumere sostanze”, ed era stata pagata per il sesso estremo. Nell’altro caso di stupro per cui è imputato, avvenuto a Ibiza ai danni di una 23enne, secondo lui anche l’altra vittima era “assolutamente e completamente consapevole di quello che stava facendo”.
Il rinvio a giudizio
Alberto Genovese, l’imprenditore 44enne arrestato a novembre 2020, tiene fede alle sue tesi iniziali nell’interrogatorio reso su richiesta l’8 ottobre scorso di fronte ai pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini. Per lui, qualche giorno, è stato chiesto il rinvio a giudizio per violenza sessuale aggravata, lesioni, detenzione e cessione di stupefacenti. Negli stralci del verbale condivisi dal Corriere della Sera Genovese però sembra ancora voler riversare le colpe in capo alle ragazze che sostengono di essere abusate.
“Sono un porco pedofilo”
In una chat di agosto 2020 che i magistrati gli contestano, scriveva: “Io sono un porco pedofilo“, dicendo di avere “un range 16/20” che “in Italia è legale, tecnicamente (…) se non sei un suo parente o un prof”. Dopo aver tentato la fuga ad ottobre 2020, era spuntata la seconda accusa, quella di aver abusato insieme alla fidanzata Sarah Borruso di una modella 23enne a Ibiza, nella residenza “Villa Lolita“, sempre dopo averla stordita con cocaina e ketamina. Dopo nove mesi di carcere, nel luglio scorso gli erano stati concessi i domiciliari in una clinica per curare le tossicodipendenze.
Elisabetta Valeri