Roma, 8 ott – Ilda Boccassini, magistrato notissimo per le inchieste scottanti e per la chioma rossa, nella sua autobiografia edita da Feltrinelli dal titolo La stanza numero 30 parla di una relazione profonda, sebbene platonica, con Giovanni Falcone. All’epoca il magistrato era sposato Francesca Laura Morvillo: entrambi, purtroppo, sono morti nell’attentato mafioso del 1992.
Ilda Boccassini e l’autobiografia
Ilda Boccassini, la pm dei grandi processi (uno su tutti quello Ruby ai danni di Berlusoni) parla di Giovanni Falcone, morto nel 1992 insieme alla moglie per mano della mafia, e lo fa in una veste inconsueta. Parlando, cioè, del rapporto di passione “platonica” tra lei e il magistrato nato mentre entrambi erano inchiesta “Duomo Connection”, che verteva sulle infiltrazioni di Cosa Nostra nel capoluogo lombardo. “Me ne innamorai” scrive la Boccassini, e parla di un “sentimento alto e profondo” che tuttavia non ha mai trovato uno sbocco fisico, perché, appunto, Falcone era felicemente sposato con Francesca Laura Morvillo.
L’incontro nella casa dell’Addaura
La Boccassini parla poi di quando Falcone e la moglie avevano preso in affitto una villa all’Addaura, frazione di Palermo. La pm, a suo dire, Ilda si trovava lì per alcuni impegni di lavoro, quando Falcone la chiamò per invitarla a casa dicendole di portarsi il costume. “Con l’entusiasmo di un bambino- scrive Boccassini – Giovanni mi fece visitare la casa. Si capiva benissimo che era felice di stare lì, di poter andare a nuotare quando voleva. A un certo mi propose – anzi mi impose – di fare un bagno. Francesca si rifiutò, mentre io, come un soldato, obbedii. Mi cambiai e scesi i gradini di pietra che portavano sugli scogli dove qualche giorno dopo sarebbe stato collocato il borsone da sub imbottito di esplosivo. Come pensavo, il mare era freddo. Giovanni si tuffò e iniziò a nuotare verso il largo, poi si girò e mi disse: “Vieni! L’acqua è bellissima!”. Caspita se era fredda, quell’acqua, e poi pensavo alla messa in piega appena fatta. Insomma, pensieri da donna che però non mi fermarono e lo raggiunsi. Giovanni prima mi prese la mano, poi la lasciò e cominciammo a nuotare verso l’ignoto…”.
“Sentivo le canzoni e mi stringevo a lui”
“Cosa avrebbe riservato il destino a me e Giovanni, se non fosse morto così precocemente?”. si domanda ancora la Boccassini. “Sapevo di non poter condividere con lui un cinema o una gita in barca, pur desiderandolo, ma non ero gelosa della sua sfera privata, né poteva vacillare la mia. Temevo che quel sentimento potesse travolgermi. E così in effetti sarebbe stato, perché lo hanno ucciso”. La Boccassini racconta anche di un viaggio fatto in Argentina, in prima classe, ascoltando le canzoni di Gianna Nannini cin lui: “Alcune canzoni mi facevano pensare alla nostra storia e le ascoltai più volte, per ore, stringendomi a lui“, scrive nel suo libro.
Ma c’era bisogno di parlare così di Falcone (e della moglie)?
E sarebbero parole molto belle e pregne di romanticismo se non fosse che l’oggetto del “desiderio” è un uomo, sposato, morto in un attentato nel 1992. Né lui né la moglie hanno diritto di replica, di smentita. E francamente non si ravvisa la necessità di parlare ora, a distanza di quasi trent’anni dalla tragica morte di Falcone (sua e della moglie, ricordiamo) a causa di un attentato mafioso di supposte relazioni sul filo del platonico getta un’ombra, seppur piccola, di discredito sulla relazione tra il magistrato e la moglie. Serviva davvero, per parlare di sé, parlare anche di questo? Era assolutamente indispensabile scomodare la passione per Falcone, per omaggiarlo? No, non era necessario tirare fuori il gossip per restituirci la caratura umana di Falcone e nemmeno dipingere Francesca Laura Morvillo, vittima della mafia anch’essa, come il più scialbo angolo di un triangolo platonico, relegata nel fondo di una narrazione che vede la Boccassini come la star assoluta.
Ilaria Paoletti