Home Cronaca Amatrice, a cinque anni dal sisma ancora sessantamila sfollati

Amatrice, a cinque anni dal sisma ancora sessantamila sfollati

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Draghi ad Amatrice

Roma, 24 ago – A cinque anni dal sisma che ha spaccato Amatrice e il centro Italia restano ancora 60mila sfollati e migliaia di promesse da campagna elettorale mai mantenute. Erano le 3.30 del 24 agosto 2016 quando la terra tra Amatrice, Accumoli (Rieti) e Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) inghiottì 299 persone cambiando forse per sempre la vita di tante famiglie e di tutti i residenti nel cratere, oltre 600mila.

Oggi il presidente del consiglio Mario Draghi è ad Amatrice, nella cittadina che fu letteralmente rasa al suolo dalla scossa di magnitudo 6. Solo qui le vittime sono state 237.

Il sisma di Amatrice e la ricostruzione mai partita

Numeri enormi, quelli delle vittime, e molto piccoli, quelli dell’intervento dello Stato per restituire ai sopravvissuti una vita normale, almeno in parte. Non è facile a cinque anni dal disastro fare il bilancio di una ricostruzione che in teoria è partita ma, di fatto, non ha mai ingranato: nel 2020 sono stati spesi appena 62 milioni di euro, solo nel primo trimestre del 2021 sono stati 144. Tuttavia, niente è stato ancora completato, sono ancora in fase di costruzione opere fondamentali come l’ospedale e l’Istituto alberghiero. Anche i 5mila cantieri attivi nell’intera zona del cratere non rappresentano un traguardo virtuoso per quello che doveva essere un piano di ricostruzione straordinario e che invece, accantonato per lungo tempo, è diventato ordinario. Ora, il commissario alla ricostruzione Giovanni Legnini, attende l’arrivo di 1 miliardo e 700 mila euro di risorse stanziate nel Pnrr per dare lo sprint definitivo al completamento dei cantieri aperti. Una nuova, ennesima, promessa per il futuro.

“La politica ha prodotto troppe chiacchiere e perso troppo tempo prezioso, bisognerà essere più pratici e iniziare la vera ricostruzione, quella che per troppo tempo è stata sospesa e in bilico tra incertezza e rinvii continui”, ha dichiarato il presidente della Provincia di Rieti, Mariano Calisse, al suo arrivo ad Amatrice per prendere parte alla cerimonia in onore delle vittime del terremoto del 2016. La lentezza nell’avvio dei cantieri e nell’erogazione di finanziamenti a cittadini e imprese colpiti dal sisma è una ferita ancora aperta. Un contrasto durissimo con quanto avvenuto invece in altre parti d’Italia: a Genova i lavori per la ricostruzione del Ponte Morandi sono iniziati – e finiti – in tempi brevissimi, coerentemente con l’importanza della bretella viaria, e soprattutto un segno di rispetto nei confronti dei familiari delle vittime che non dovranno più osservare i resti dei piloni sotto i quali perirono i loro cari. Ad Amatrice restano invece gli sfregi lasciati dal disinteresse dello Stato centrale nei confronti di queste terre. Un fatto che restituisce con chiarezza l’immagine di una Italia a due velocità.

Sono state 100mila le abitazioni distrutte e solo 13mila persone hanno riavuto una casa, per tantissimi altri solo prefabbricati di fortuna che avrebbero dovuto essere una sistemazione temporanea. “Ad Amatrice e ad Accumoli – spiega ancora Calisse – la ricostruzione è ancora un miraggio e le uniche opere ricostruite sono quelle finanziate dai privati non è possibile continuare così, questa gente ha bisogno di tornare a vivere la propria vita, nella propria casa e nel proprio paese”.

Il premier Draghi questa mattina ad Amatrice ha deposto una corona d’alloro presso il monumento delle vittime ma oltre a ricordare coloro che sono morti, il premier con la maggioranza più larga della storia della Repubblica avrebbe gli strumenti per occuparsi anche delle centinaia di sopravvissuti che dopo aver perso tutto non hanno ancora trovato casa.

 

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