È accaduto ad un ncc associato a Anitrav, una storia quasi irreale: era il 2007 quando l’uomo ha richiesto e ottenuto l’autorizzazione come Ncc nel comune di Gorga e la rimessa stabilita nello stesso comune.
L’uomo inizia a lavorare nel comune di residenza quando nel 2008 sotto la pressione sindacale, i politici modificano la legge e dunque l’uomo non può più esercitare nel comune di Roma, le stesse sigle fotografano tutte le targhe afferenti a comuni diversi.
Salvatore, questo il nome dell’uomo è stato coinvolto in una cosa più grande di lui, viene interrogato dai Carabinieri di Colleferro ed indacato per corruzione poichè non rimetteva il veicolo nella rimessa del Comune di Gorga dove il proprietario della rimessa era il Comandante della Polizia Locale, il teorema era il seguente: non rimetti il mezzo a Gorga, lavori a Roma e paghi l’affitto (con vaglia) al Comandante dei vigili affinchè non faccia le verifiche del mantenimento del requisito della rimessa.
Salvatore rimane sconvolto da quell’invito dei Carabinieri che gli contestano l’accusa, inizia così, suo malgrado, un processo penale, subisce dei cautelari, sequestro del veicolo ma non solo, lui viene messo in carcere ai domiciliari (3 mesi) e nel 2016 viene condannato in primo grado dal Tribunale di Velletri. Salvatore ormai senza lavoro e condannato impugna la sentenza di condanna e nel 2017 viene finalmente prosciolto perchè il fatto non sussiste, ma non basta il nostro associato vince la causa di risarcimento del danno e lo Stato italiano in questi giorni lo risarcirà per il danno ingiustamente subito con tanto di scuse. Queste le dichiarazioni dell’Avv. Marco Piancatelli che ha seguito Salvatore:
“Questa sentenza è un monito a tutti quelli, e ce ne sono ancora tanti, che perseguono l’idea che si possa processare un cittadino perché non rientra in rimessa con la propria vettura o che non rientrare in rimessa sia una condotta che vada coperta ponendo in essere un qualche reato (nel caso in questione, ad esempio, si era ipotizzata la corruzione del vigile urbano del paese).Uscire fuori da questo impianto accusatorio è stata una battaglia legale dura e durata anni, nella quale ci siamo dovuti scontrare contro il muro di gomma eretto da Procura, Gip e Tribunale del Riesame, tutti coesi contro un onesto cittadino, incensurato, ma ugualmente descritto come un delinquente. Alla fine, però, la Corte di Appello ci ha dato giustizia e ridato dignità, assolvendo il mio assistito con una sentenza talmente granitica che la Procura Generale non ha nemmeno ritenuto di ricorrere in Cassazione. A seguire, poi, pure la gioia dell’indennizzo per ingiusta detenzione. Più una soddisfazione morale che economica, ma ugualmente importante per chiudere questa brutta vicenda”.