Ieri sera, 24 agosto, l’inaugurazione del Floathing Theatre, il cinema galleggiante nel laghetto dell’Eur (Leggi), ha visto la presenza di un ospite speciale: Oliver Stone, il regista statunitense pluripremiato con l’Oscar.
Con i giornalisti, Stone ha parlato a lungo del rapporto del governo Usa con le produzioni cinematografiche: “C’è una vera e propria ingerenza del governo americano nella realizzazione dei film. C’è un libro che si intitola ‘National Security Cinema’ del 2017 e che dà tutta una serie di dettagli della presenza del governo americano nel cinema, nei programmi tv: parla della Cia, del Dipartimento della Difesa, parla della ingerenza in almeno 850 film e in 1500 show tv, spiegando che in realtà il controllo è nelle loro mani. Non sei tu che controlli, ma loro, soprattutto quando si tratta di girare scene con aerei o con navi, non c’è collaborazione del governo, soprattutto se hai intenzione di fare un bel film. Loro vanno a leggere le sceneggiature, suggeriscono delle modifiche, dei cambiamenti. Anche con ‘Platoon’, il Dipartimento della Difesa lo aveva rifiutato dicendo che non esisteva il fuoco amico, che non esisteva in Vietnam l’uccisione di donne e bambini, di civili. Hanno detto ripetutamente una marea di bugie sul Vietnam, una cosa estremamente deprimente. E dopo il 2001 è praticamente impossibile criticare la politica estera americana senza subirne delle conseguenze”, sottolinea il regista.
Stone ha presentato, partendo dalla Capitale per il suo tour italiano, la sua autobiografia, “Cercando la luce”, edita da La Nave di Teseo. “È un libro che parla del mio sogno che è stato realizzato ma ad un costo elevatissimo: tanto lavoro, tanto sudore, tanto sangue, tanto fallimento, tanti passi indietro, tanta sofferenza”, spiega Stone, “Racconta la storia di un ragazzo che parte da New York e dalla devastante esperienza fatta in Vietnam, che successivamente lo porta a guardare con occhi diversi il tuo paese. Quando ho cominciato invece a scrivere questo libro mi sono reso contro che c’era un ritmo naturale che fluiva intorno al mio sogno e che si fermava ai 40 anni”.
Ha introdotto inoltre la proiezione del suo film dell’87 “Wall Street” e ha spiegato un po’ come funzionano i finanziamenti cinematografici: “Ho potuto girare ‘Platoon’ subito dopo ‘Salvador’ perché un signore inglese, John Daly, ha creduto in me e mi ha finanziato. Questo mi ha consentito di trovare la mia collocazione, il mio posto a Hollywood. Poi una volta che sei affermato sta a te dimostrare chi sei e cosa sei capace di fare. Perché magari molti di voi pensano che il regista e l’autore abbiamo il controllo della situazione ma non è così. In realtà il controllo della situazione ce l’hanno i soldi, quindi se non sei un regista consolidato con una visione consolidata, non è facile essere libero, essere padrone della situazione. E devo dire che in ‘Salvador’ e in ‘Platoon’ io ho potuto esprimere la mia visione”. Conclude dicendo: “Sono questi due film che mi hanno reso un regista”.
Quando i giornalisti chiedono un parere sulle prossime presidenziali (che si terranno a novembre) Stone esprime un parere chiarissimo: “Francamente non credo che Trump vincerà ma il problema non è questo. Il problema è che sia democratici che repubblicani sono orientati alla spesa militare. I soldi non vengono impegnati per infrastrutture o per trovare le cure ai virus ma per preparare o affrontare guerre. Quindi non c’è differenza, perché nessuno dei due partiti mette in discussione la spesa militare. Non esiste un partito della pace. E pure voi italiani dovreste far sentire la vostra voce su questo, perché in Italia mi pare ci siano il più alto numero di basi militari Usa, dopo la Germania”, conclude.