Una situazione difficile quella del Centro per i rimpatri di Ponte Galeria: dopo la breve calma dovuta al lockdown, le tensioni sono aumentate insieme alle proteste. Il Centro è sempre più simile a un carcere, e ci sono delle violazioni dei diritti umani, poiché gli ospiti vengono trattenuti per più giorni di quelli previsti dalla legge e sono privati della libertà, oltreché delle condizioni sanitarie adeguate.
Nell’ultimo mese ci sono stati 3 tentativi di fuga e un incendio. 4 giorni fa sei immigrati sono entrati nei condotti dell’aria climatizzata e, una volta arrivati sul tetto, sono riusciti a scalare il muro di cinta e sono fuggiti. Tutti avevano precedenti penali e ne sono stati recuperati solo 5. Un ispettore di polizia è rimasto ferito al volto.
Antonio Patitucci, segretario generale del sindacato di polizia Silp Cgil Roma e Lazio, ha spiegato che gli ospiti “sono persone in stand by, in genere dell’est Europa o dell’Africa, con alle spalle storie drammatiche di violenza e sfruttamento o con la fedina penale sporca”. Il fatto che restino chiusi nel Centro non permette alcun reinserimento in società, anche per via delle lunghe pratiche burocratiche che creano tempi d’attesa infiniti per un timbro che li faccia tornare in patria.
Molti i drammi personali. Ad esempio, una donna ucraina che faceva la badante è morta nel Centro per problemi cardiaci dopo esser stata fermata in strada e le figlie non ne sapevano nulla. Per le visite la situazione è peggiore che in carcere: almeno lì i parenti possono accedere anche per visite a sorpresa, a Ponte Galeria questo non è possibile.
La mancanza di personale tra gli agenti delle Forze dell’Ordine e quella di dignità per gli ospiti rendono la situazione ancora più insostenibile. “Questo modello deve chiudere”, le parole di Gabriella Stramaccioni, garante del Campidoglio per i diritti delle persone private della libertà.