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Coronavirus, il Cts non era d’accordo con il provvedimento Conte: “Non necessario il lockdown in tutta Italia” ECCO I VERBALI

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Sono stati desecretati oggi gli atti del Comitato tecnico scientifico, seguendo i quali il Governo avrebbe deciso come muoversi quando la pandemia stava iniziando a minacciare gravemente l’Italia: l’ultimo risalente al 7 marzo, ovvero 48 ore prima della decisione da parte del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di un totale lockdown. La fondazione Luigi Einaudi ha ottenuto dalla Protezione Civile cinque verbali, per circa 300 pagine, relative alle riunioni n.12 del 28.2.2020; n.14 dell′1.3.2020; n.21 del 7.3.2020; n.39 del 30.3.2020 e n.49 del 9.4.2020 (guarda i verbali)

Nel documento riservato, inviato al ministro della Salute Roberto Speranza, e pubblicato solo oggi sul sito della Fondazione Einaudi, emerge che il Cts proponeva di “adottare due livelli di misure di contenimento: uno nei territori in cui si è osservata maggiore diffusione del virus, l’altro sul territorio nazionale”. Le cose andarono però diversamente e dal 9 marzo con il provvedimento del Presidente del Consiglio l’Italia viene serrata: è il lockdown totale con misure uguali per tutto il territorio nazionale. Decisione che portò con sé non poche polemiche politiche tra i governatori.

Dei territori in cui vi era maggiore rischio di contagio facevano parte le cosiddette “zone rosse” e “zone gialle” che il Comitato proponeva di unificare e nello specifico si raccomandavano “misure più rigorose in Lombardia e nelle province di Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini e Modena, Pesaro Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Alessandria e Asti”. Misure rigorose che prevedevano la chiusura totale di ogni tipo di attività, la chiusura dei luoghi di culto e lo stop agli spostamenti di ogni tipo. Per quanto riguarda i provvedimenti da adottare per contenere la pandemia su tutto il resto del territorio nazionale il Comitato tecnico scientifico dà altre indicazioni: “Apertura al pubblico dei musei ed altri istituti e luoghi della cultura a condizione che assicurino modalità di fruizione contingentata tali da evitare assembramenti di persone; svolgimento delle attività di ristorazione e bar con obbligo di far rispettare la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro; sospensione delle attività di pub, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse, sale bingo e discoteche; divieto assoluto di mobilità dalla propria abitazione o dimora per i soggetti sottoposti alla misura della quarantena; limitazioni della mobilità ai casi strettamente necessari; sospesi i servizi educati per l’infanzia e attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado; sospensione delle attività svolte dai tribunali; apertura luoghi di culto condizionata all’adozione di misure volte a evitare assembramenti; raccomandato presso tutti gli esercizi commerciali l’accesso con modalità contingentate e misure volte a evitare assembramenti”.

Nei documenti pubblicati sul sito della Fondazione Einaudi, tuttavia, non vi è traccia di un verbale che nelle scorse settimane ha innescato un rimpallo di accuse in particolare tra Regione Lombardia e Governo: quello del 3 marzo quando il Cts si riunì per stabilire se fosse necessaria una morsa ad Alzano e Nembro, in provincia di Bergamo.

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